Prevenzione al bullismo ed Educazione Civica
L’attività può essere distinta in tre fasi fondamentali: (1) la ricostruzione di quanto già sanno i ragazzi su questo tema, anche al fine di mettere in evidenza gli aspetti di fraintendimento già citati: nel caso di un investimento di tempo maggior, un’attività di brainstorming può essere sicuramente utile; (2) illustrazione e fissazione sul quaderno, tramite dettatura di appunti o presentazione multimediale, delle caratteristiche fondamentali del bullismo e del cyberbullismo (squilibrio di potere, intenzionalità, ripetizione) e dei ruoli coinvolti (bullo, vittima, gruppo); infine, (3) una breve verifica di quanto appreso.
Proprio relativamente alle modalità di valutazione del percorso di prevenzione al bullismo ed Educazione Civica, quest’anno ho deciso di lavorare più che sulle conoscenze sintetizzate al punto (2) della scaletta, di recuperarle attraverso la competenza di analisi del testo: ho quindi scritto tre brevi testi (ma l’alternativa potrebbe essere quella di utilizzare dei passi antologici anche più estesi) chiedendo ai ragazzi di spiegare se si tratta di atti di bullismo oppure no, e di argomentare la propria posizione sulla base di quanto appreso. Per svolgere l’attività, ho anche lasciato libera la consultazione del quaderno di orientamento ed Educazione Civica con gli appunti. Riporto qui sotto i brani, che sono stati allegati con PDF tra i materiali per l’orientamento.
Prevenzione al bullismo ed Educazione Civica – Brano n. 1
Enrico solitamente andava a scuola in autobus, anche se talvolta veniva accompagnato da suo padre, che per andare al lavoro passava per il centro del paese. I suoi cugini più grandi lo avevano già avvisato di cosa poteva accadere in autobus: parolacce, provocazioni offese e qualche volta anche insulti più pesanti, di solito da parte dei ragazzi di terza che volevano mostrarsi grandi e forti. Enrico era in prima media, e nel corso del primo mese di scuola in autobus era filato tutto liscio: con i compagni più grandi aveva un buon rapporto (anche grazie alla conoscenza dei suoi cugini), e lui se ne stava per lo più appartato e per conto proprio. Anche perché saliva in autobus a metà circa del tragitto, quando il mezzo era già tutto pieno e raramente restavano dei posti liberi in cui sedersi.
Una mattina in cui molti ragazzi avevano preso l’influenza, Enrico ebbe la fortuna di potersi sedere in un posto libero al centro dell’autobus. Dopo essersi accomodato, sentì qualcuno alle sue spalle che diceva: “Oh, ecco Enrico. Ma che cosa ci fa qui? Non può starsene come al solito in piedi vicino al conducente?”. Il ragazzo non si girò nemmeno, ma sentì perfettamente che qualcun altro, sempre dietro di lui, stava ridacchiando e commentava confusamente quanto detto dalla voce senza nome.
La mattina dopo la scena si ripetè. Soltanto che stavolta Enrico ebbe il coraggio di girarsi. Vide quattro ragazzini di un’altra prima, tutti accoccolati e vicini l’uno all’altro in fondo all’autobus, con gli occhiali da sole anche alle sette di mattina d’inverno, che lo guardavano ridendo, e gli dicevano che doveva andarsene da lì, e che quel posto era riservato per due loro amiche. A quelle parole Enrico non fece una piega, si girò e tornò nei suoi pensieri: mancavano solo dieci minuti alla fine all’arrivo a scuola, quindi bastava che guardasse fuori dal finestrino e scrutasse il paesaggio per far trascorrere il tempo che mancava.
Il viaggio di ritorno, quello stesso giorno, non accadde nulla: del gruppo di quattro ragazzini che l’avevano provocato per la seconda volta, c’era soltanto un biondino che ancora masticava chewing-gum. In autobus Enrico lo cercò con la sguardo come per chiedergli cosa volesse da lui, ma il biondino fece finta di non accorgersi di lui, anche se l’aveva visto perfettamente.
La settimana dopo, invece, il papà di Enrico dovette andare al lavoro in un’altra direzione, quindi il ragazzo prese nuovamente l’autobus. Stavolta il mezzo era pieno, ed Enrico si fermò in piedi vicino al conducente: qualche voce gli arrivò dal fondo dell’autobus. Enrico non capì altro di quei discorso, ma capì perfettamente che appena possibile avrebbe parlato di tutto con i propri genitori e con gli insegnanti.
Prevenzione al bullismo ed Educazione Civica – Brano n. 2
Era il terzo giorno che i ragazzi delle seconde si trovavano alla rotonda della zona industriale per andare a giocare a calcio. La scuola stava ormai finendo, e il sole caldo dell’estate che si stava avvicinando attirava sciami di ragazzi per le strade del paese. Da tempo quelli di seconda aveva individuato un prato recintato poco distante dalla statale. Giovanni quel giorno si era portato dietro anche sua sorella Bianca, per non lasciarla a casa da sola, visto che il loro padre era al lavoro.
Lasciarono le biciclette in un parcheggio deserto su cui crescevano erbe selvatiche tra le crepe dell’asfalto e si avviarono a piedi verso il campo. Non ebbero difficoltà a saltare la rete di recinzione: Giovanni, prima di oltrepassarla, si era messo sulle spalle Bianca, che era stata presa in braccio da Christian, che era già dall’altra parte. Qualcuno invece era passato sotto la rete sollevandola da terra, e scivolando al di sotto di essa. Tutti lasciavano portafogli, borsette e telefoni dentro un pozzetto di cemento armato lasciato contro la rete. Il campo era di forma trapezoidale, e i ragazzi usavano come pali delle porte i tralicci che sostenevano la rete perimetrale. Bianca si era sistemata sulla sommità di una colonnina di cemento armato, e leggeva tranquilla il suo ebook.
In campo, accadde tutto molto in fretta. A centrocampo Giovanni entrò in scivolata abbastanza duro su Carlo, che finì contro la rete di protezione esterna. Giovanni non fece neanche in tempo a rialzarsi che si ritrovò in mezzo alla polvere: Carlo gli era saltato addosso e l’aveva gettato a terra, prendendolo per il collo. I due si rotolarono tre o quattro volte vicino al fallo laterale, con Giovanni che era riuscito a divincolarsi ed aveva colpito Carlo con due calci. Arrivarono poi Christian e Giordano che li presero per le spalle, aiutati da altri compagni di squadra, mentre Bianca continuava pacifica a leggere il suo romanzo, là in fondo sopra la sua colonna di cemento. Mentre Carlo veniva allontanato, sputò verso Giovanni e gli disse che l’avrebbe ripagato con la stessa moneta. Giovanni si deterse via dalla faccia lo sporco, la terra e il sudore, e guardò di traverso Carlo, dicendogli che se non accettava il gioco duro, poteva sognarsi di andare a tirare calci in seria A. La partita continuò ancora per oltre un’ora, e non furono risparmiati scontri duri. E Carlo ebbe modo di confrontarsi più volte con Giovanni.
Bianca per tutto il tempo non alzò quasi mai gli occhi dal suo libro, se non per osservare gli stormi di rondini che sfrecciavano in cielo.
Prevenzione al bullismo ed Educazione Civica – Brano n. 3
Maria Elena quella sera stava molto male. Le cose non erano andate bene quel giorno a scuola, e in generale non stavano andando bene da un po’ di tempo. Quella sera però Maria Elena ebbe la percezione che molti problemi si stessero sommando vorticosamente: in particolare, si sentiva molto a disagio perché qualche giorno prima aveva avuto la sensazione che nella sua classe, nel rapporto con alcune sue compagne, qualcosa fosse cambiato.
Tutto le era parso evidente dopo l’ora di educazione fisica della settimana prima, quando stava rientrando in aula: in realtà quel giorno stava rientrando da sola, perché quattro sue compagne che solitamente la aspettavano erano andate più avanti, ridacchiando tra loro. Maria Elena se n’era accorta perché, quando le aveva viste in fondo al corridoio, ad un cenno di Cristina, tutte si erano girate a guardarla e si erano messe a ridere.
A questo ricordo, Maria Elena riprese in mano il cellulare, e rilesse la conversazione che aveva avuto quella sera stessa con Cristina, a cui aveva chiesto il motivo per cui lei e le altre si erano messe a ridere. Inizialmente non aveva dato peso all’episodio, ma aveva comunque chiesto dei chiarimenti: nella chat sullo smartphone, Cristina le diceva che non c’era niente di strano, e che si erano girate e avevano riso non per lei, ma per guardare un cartellone che le aveva fatte ridere. Maria Elena, rassicurata, nella chat le aveva raccontato delle difficoltà che stava attraversando, e in particolare i problemi che stavano attraversando i suoi genitori: suo papà infatti aveva da poco perso il lavoro, e tutta la famiglia si trovava in una situazione complessa, che lei sperava che si risolvesse prima possibile. Cristina, a quel racconto, le aveva mandato tante faccine sorridenti e tanti bacini e le aveva detto di stare tranquilla, perché tutto si sarebbe risolto. Questo era accaduto qualche giorno prima.
Ripensando a quei fatti, dopo aver riletto la chat, Maria Elena decise di scrivere nuovamente a Cristina: le raccontò che la giornata era andata male, che era ancora molto giù e che aveva bisogno di qualche parola di conforto. Cristina le rispose chiedendole perché, e Maria Elena ancora una volta le raccontò ciò che la preoccupava, e ricevette la stessa risposta della volta scorsa: tante faccine sorridenti e poi uno sbrigativo “Ora non ho tempo, devo andare”. La mattina dopo, quando Maria Elena arrivò a scuola, si fermò vicino al cancello dove solitamente aspettava le compagne. Cristina arrivò sorridendo assieme alle altre, le passò accanto senza neanche salutarla e tirando dritto. Dopo qualche metro, le altre ragazze che erano con lei si girarono, guardarono Mariaelena e si misero a ridere.
L’immagine del post Prevenzione al bullismo ed Educazione Civica è tratta dal film Ritorno al futuro di Robert Zemeckis.